In futuro il trasporto fisico di merci sarà ancora necessario o ognuno di noi produrrà ciò di cui ha bisogno da casa con una stampante 3D? A completamento della serie sull’innovazione nel traffico merci vogliamo proporvi un approccio del tutto diverso.
Secondo i futurologi l’«additive manufacturing», anche conosciuto in italiano come produzione additiva o a strati, potrebbe rivoluzionare il settore della logistica. Questo metodo di produzione sfrutta la stampa tridimensionale che, partendo da modelli computerizzati, consente di fabbricare componenti per mezzo di uno o più materiali. Possono essere impiegati materiali solidi o liquidi che vengono poi induriti o fusi attraverso processi fisici o chimici. I materiali più comuni per la stampa 3D sono le plastiche, le ceramiche e le resine artificiali, ai quali più recentemente sono venuti ad aggiungersi anche i metalli.
Questa procedura ha ormai raggiunto una certa maturità e si sta affermando a livello industriale. La gamma di applicazioni spazia dai prototipi a piccole produzioni in serie. A titolo esemplificativo citiamo il costruttore di aeromobili Boeing che per i caccia F-18 si avvale di oltre 80 pezzi fabbricati mediante sinterizzazione laser. L’euforia è grande e l’immaginazione sembra non avere limiti: in una nuova era della produzione industriale il trasporto di merci fisico potrebbe essere sostituito da flussi digitali di dati e da stampanti 3D.
Se così fosse, il tradizionale concetto di produzione, trasporto, immagazzinamento ed elaborazione di merci verrebbe trasformato alla radice. Pensiamo per esempio a un produttore europeo di componenti e prodotti semifiniti e ai suoi clienti asiatici: invece di farsi spedire i pezzi oltreoceano, questi ultimi potrebbero stamparli. O ancora a un consumatore che invece di comprarsi un nuovo paio di scarpe da ginnastica in negozio o di ordinarle online, acquista solo i dati di stampa, li scarica e stampa il prodotto direttamente a casa propria. Un po’ come succede oggi con i biglietti del cinema o la carta d’imbarco per un volo aereo.
«Per il momento le società che operano nel settore della logistica non devono preoccuparsi, il loro lavoro non è compromesso. Ciononostante pensare a scenari avveniristici non può certo nuocere al settore», afferma Christoph Wolleb, responsabile Supply Chain Management presso la società di consulenza KPMG Svizzera a Zurigo. Nel frattempo sono stati avviati diversi studi internazionali volti a identificare le possibili conseguenze e procedure del futuro. «Finora sono stati ottenuti pochi risultati significativi e a regnare sono più che altro una certa impotenza e perplessità», osserva l’esperto.
Secondo lui a dominare non dovrebbe essere tanto l’insicurezza, quanto piuttosto la certezza di nuove opportunità in tutti i settori delle catene di creazione di valore. Christoph Wolleb: «Chi si lascia coinvolgere da nuove visioni e nuovi modelli aziendali e non punta solo all’efficienza ma anche alla flessibilità, alla fine ne uscirà vincitore. A prescindere da ciò che lo sviluppo porterà con sé.»
Altri articoli di questa serie:
– Il futuro della logistica: presto i pacchi arriveranno dal cielo?
– Il futuro della logistica (2): il camion che si guida da solo
– Il futuro della logistica (3): dubbi sui «megatruck»
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